Il RITRATTO DEI MINORI
Cuba, 2003
(c) Luca Nizzoli Toetti
Tra i temi più delicati in tema di fotografia vi è sicuramente quello concernente l’individuazione dei corretti limiti dell’utilizzo dell’immagine dei minori. Anche questo tema – al pari di tutti gli aspetti legali connessi alla fotografia (ed in particolare della fotografia di ritratto) - ha visto la sua rilevanza accrescersi enormemente in ambiente digitale. In epoca social, infatti, la pervasività del mezzo è tale da moltiplicare esponenzialmente la diffusione dell’informazione, con ogni intuibile conseguenza.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Occorre anzitutto intendersi sul concetto di ritratto, che, ai fini che qui rilevano, altro non è che un’immagine (non solo e non necessariamente fotografica) in cui siano “riconoscibili le sembianze di una persona determinata”.
Il diritto all’immagine è un diritto assoluto e personalissimo, disciplinato dall’art. 10 cod. civ e dagli artt. 96 e 97 della legge sul diritto d’autore (l. 633/1941).
La regola generale in tema di esposizione, riproduzione, pubblicazione del ritratto di una persona subordina la legittimità della stessa all’espressione del “consenso”, (art. 96 l. aut.), salvo che ricorrano le ipotesi derogatorie stabilite dal successivo art. 97 l.aut. (notorietà del soggetto ritratto; ufficio pubblico ricoperto; necessità di giustizia e polizia; scopi scientifici, didattici o culturali; fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico), e sempre che la pubblicazione non sia comunque di pregiudizio all’onore, reputazione e decoro della persona ritratta.
Ciò detto in linea generale, con specifico riferimento all’immagine dei minori vengono in ulteriore considerazione:
- la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989 (ratificata dall’Italia con legge 176/1991), secondo cui nessun fanciullo può essere oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione, e deve perciò essere adeguatamente protetto (art. 16);
- il codice deontologico dei giornalisti, che, richiamando la Carta di Treviso del 5.10.1990 (come successivamente integrata), eleva a rango primario rispetto al diritto di cronaca e di critica la tutela della personalità del minore, sicché il secondo deve cedere nei confronti del primo, demandando al giornalista la responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse del minore;
- il codice della privacy (nella sua versione di adeguamento al Regolamento U.E. 679/2016), di cui al D. Lgs. 101/2018, il cui art. 2 quinquies prevede che i minori possano prestare il consenso al trattamento dei dati personali solo a partire del 14 anni (contro i 16 della versione precedente), facendo sì che al di sotto di tale soglia il consenso al trattamento debba essere dato da entrambi i genitori;
- il codice del processo penale minorile, che prevede il divieto di pubblicazione e divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione del minorenne comunque coinvolto in un procedimento (D.P.R. 488/88, art. 13).
Risulta evidente, in tale contesto, come la pubblicazione di immagini dei minori sia tutt’altro che agevole, come recenti sentenze dei Tribunali hanno confermato.
Con riferimento al post su Facebook di una bambina che partecipava a un defilé di moda, in particolare, ne è stata ritenuta abusiva la pubblicazione in quanto non autorizzata dal padre separato (affidatario in regime condiviso), ma solo dalla madre, pur essendosi esclusa la sussistenza di un danno risarcibile stante la presenza dello stesso padre alla medesima sfilata (Trib. Ravenna, 15.10.2019). Analogamente aveva deciso altra corte nel caso di pubblicazione su Facebook dei figli del proprio compagno avuti da precedente relazione (Trib. Rieti, 7.3.2019).
In altro caso, la pubblicazione on line dell’immagine di una showgirl a spasso per Milano con la propria figlia è stata giudicata abusiva, in quanto, se l’obbligo del consenso poteva ritenersi derogato nei confronti della madre, per via della sua notorietà, non altrettanto poteva dirsi per la figlia, e non ravvisandosi un interesse pubblico alla diffusione del ritratto della minore (Trib. Milano, 23.12.2013).
In altro interessante caso, questa volta in Austria, è stata la figlia a insorgere nei confronti dei genitori che, negli anni, hanno pubblicato centinaia di immagini della stessa in situazioni intime, condividendole con i propri amici.
Viene da chiedersi, in tempi attuali, come farebbe Sally Mann a pubblicare un libro come “Immediate family” …
In conclusione.
In tema di immagini dei minori, l’interesse primario e assoluto è costituito dalla tutela dello sviluppo armonioso e completo della personalità del minore. Al cospetto di tale interesse, tutte le ipotesi derogatorie sull’obbligo del consenso - che in questo caso non può mai essere presunto, come a certe condizioni è ravvisabile nei confronti degli adulti - debbono cedere e/o comunque sono soggette ad essere interpretate restrittivamente da parte del giudice.
Pur non sussistendo un divieto assoluto di pubblicazione, diffusione e circolazione dell’immagine (nel qual caso sarebbe stato agevole sancirlo in termini chiari da parte del legislatore), la cautela è quindi d’obbligo. Si rende pertanto necessaria un’attenta valutazione ed un bilanciamento degli interessi contrapposti: il diritto di critica e cronaca e di libera manifestazione del pensiero (tra cui rientra peraltro anche la pubblicazione di immagini a scopo culturale), da una parte; il diritto del minore alla protezione del proprio sviluppo armonioso in assenza di turbative.