FEDERICO MONTALDO

Fotografia e Diritto

FOTO HOT ALLA VICINA NUDA.
ASPETTI LEGALI SULLA FOTOGRAFIA DAL BALCONE

date » 09-04-2025 10:31

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tags » fotografia, nudo, nuda, interferenze, balcone, vita privata, privacy,

pexels_olly_3811807.jpgFoto di Andrea Piacquadio (Licenza Creative Commons CCO)

In tempi di quarantena lo sguardo fotografico è forzatamente rivolto all’interno delle nostre case e, talvolta, di quelle altrui. È infatti sempre più frequente reperire, sui vari social, immagini di persone riprese all’interno delle proprie abitazioni, intente alle attività più diverse: c’è chi fa ginnastica, chi spignatta in cucina, magari in mutande, chi si fa fare la tintura per i capelli o pitturare le unghie, e chi più ne ha più ne metta.
Certo, la vocazione voyeristica non è tipica dei tempi del coronavirus, ma in qualche modo la situazione di clausura (sia del fotografo che del soggetto fotografato) ne amplifica la esponenzialmente tematica.
Ciò premesso, qual è il perimetro legale entro il quale la ripresa e la pubblicazione di tali immagini sono consentite?

Si tratta anzitutto di verificare se la realizzazione di immagini riproducenti persone e situazioni all’interno delle altrui abitazioni possa concretare il reato di “interferenze illecite nella vita privata” (art. 615 bis c.p.).
Tale norma, infatti, punisce “chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’art. 614 c.p.” Tali luoghi sono costituiti dall’abitazione, da altro luogo di “privata dimora” o dalle “appartenenze” di essi.
E’ importante identificare in dettaglio tali luoghi.
L’abitazione è il luogo ove la persona svolge la sua vita domestica.
I luoghi di “privata dimora” sono tutti quelli ove la persona svolge una qualsiasi attività della vita propria privata: studio professionale, ufficio, negozio, laboratorio, biblioteca, circolo, sede di partito, cappella privata, club, sala da gioco ecc.
Le “appartenenze” sono i luoghi accessori dei precedenti: giardini, cortili, pianerottoli, magazzini, cantine, androni, anche se accessibili al pubblico.

Un recente caso ci aiuta a comprendere i limiti di tale norma.
Esso riguarda la fattispecie di un uomo che aveva fotografato e filmato la vicina di casa che usciva nuda dalla doccia e per ciò era stato tratto a giudizio (anche per altri “vizietti”, come aver abusato di una minorenne o ripreso le sue dipendenti che si cambiavano in uno spogliatoio).
Dopo la condanna in primo e in secondo grado, il processo è giunto in Cassazione, la quale, per il capo relativo al reato in esame, ha invece assolto l’uomo, statuendo:
- che l’abitazione dell’imputato e della vittima erano frontistanti;
- che tale abitazione non aveva tende alle finestre;
- che l’imputato non aveva utilizzato particolari accorgimenti per realizzare le fotografie;
- che non erano stati ripresi comportamenti della vita privata sottratti alla “normale osservazione” dall’esterno.

In definitiva, sostiene la Corte, perché sussista il reato non è sufficiente che le immagini abbiano ad oggetto situazioni che riguardino la vita privata, ma occorre che le immagini siano state realizzate “indebitamente”, cioè clandestinamente o con l’inganno. Se quindi l’azione, pur svolgentesi in luoghi di privata dimora, possa essere osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti non si realizza la lesione della riservatezza oggetto della tutela penale, poiché è da ritenersi una sorta di “consenso” - o meglio “non dissenso” - rispetto all’interferenza indiscreta proveniente dall’esterno (Cass. Pen., 8 gennaio 2019, n. 372).

Sempre a proposito del concetto di “interferenza” nella vita altrui, la stessa Suprema Corte ha ritenuto, in altro caso, che essa non sussista ogniqualvolta l’autore della ripresa sia lecitamente presente sul luogo, sia quale convivente che come ospite, e in tale occasione effettui riprese fotografiche o video. Si trattava qui del caso di una lavoratrice domestica che aveva realizzato immagini e riprese video all’interno dell’abitazione ove prestava la propria attività, essendo cioè ivi lecitamente presente (Cass. Pen., 5 luglio 2019 n. 46158).

Tutto lecito quindi? Niente affatto.
Quanto precede, occorre ben precisare, riguarda infatti la sola rilevanza penale della condotta, cioè se la ripresa fotografica (in sé e per sé) costituisca o meno una fattispecie di reato. Inoltre, ciò ha ad oggetto la sola “esecuzione” della fotografia, che l’autore può limitarsi a tenere per sé e conservare nella memoria del proprio PC.
Altro profilo, questa volta di natura civilistica, concerne infatti non già la fase della ripresa ma quella dell’utilizzo delle immagini, cioè la loro eventuale pubblicazione e diffusione con ogni mezzo.
In tale caso, ove le fattezze della persona ripresa all’interno dell’altrui abitazione siano riconoscibili, non si potrà prescindere dall’applicazione delle previsioni in tema di consenso da parte della persona ritratta (art. 96 l. 633/41, art. 10 c.c.) e delle sussistenza di eventuali deroghe a tale obbligo (art. 97 l. 633/41).
Sul punto, v. F. Montaldo, “Manuale di sopravvivenza per fotografi” (Emuse, 2022).

Il RITRATTO DEI MINORI

date » 08-04-2025 16:54

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tags » Ritratto, minori, minorile, tutela, immagine, fotografia, consenso, minorenne, privacy,

LNT.Cuba178.jpgCuba, 2003
(c) Luca Nizzoli Toetti

Tra i temi più delicati in tema di fotografia vi è sicuramente quello concernente l’individuazione dei corretti limiti dell’utilizzo dell’immagine dei minori. Anche questo tema – al pari di tutti gli aspetti legali connessi alla fotografia (ed in particolare della fotografia di ritratto) - ha visto la sua rilevanza accrescersi enormemente in ambiente digitale. In epoca social, infatti, la pervasività del mezzo è tale da moltiplicare esponenzialmente la diffusione dell’informazione, con ogni intuibile conseguenza.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Occorre anzitutto intendersi sul concetto di ritratto, che, ai fini che qui rilevano, altro non è che un’immagine (non solo e non necessariamente fotografica) in cui siano “riconoscibili le sembianze di una persona determinata”.
Il diritto all’immagine è un diritto assoluto e personalissimo, disciplinato dall’art. 10 cod. civ e dagli artt. 96 e 97 della legge sul diritto d’autore (l. 633/1941).
La regola generale in tema di esposizione, riproduzione, pubblicazione del ritratto di una persona subordina la legittimità della stessa all’espressione del “consenso”, (art. 96 l. aut.), salvo che ricorrano le ipotesi derogatorie stabilite dal successivo art. 97 l.aut. (notorietà del soggetto ritratto; ufficio pubblico ricoperto; necessità di giustizia e polizia; scopi scientifici, didattici o culturali; fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico), e sempre che la pubblicazione non sia comunque di pregiudizio all’onore, reputazione e decoro della persona ritratta.

Ciò detto in linea generale, con specifico riferimento all’immagine dei minori vengono in ulteriore considerazione:

- la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989 (ratificata dall’Italia con legge 176/1991), secondo cui nessun fanciullo può essere oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione, e deve perciò essere adeguatamente protetto (art. 16);

- il codice deontologico dei giornalisti, che, richiamando la Carta di Treviso del 5.10.1990 (come successivamente integrata), eleva a rango primario rispetto al diritto di cronaca e di critica la tutela della personalità del minore, sicché il secondo deve cedere nei confronti del primo, demandando al giornalista la responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse del minore;

- il codice della privacy (nella sua versione di adeguamento al Regolamento U.E. 679/2016), di cui al D. Lgs. 101/2018, il cui art. 2 quinquies prevede che i minori possano prestare il consenso al trattamento dei dati personali solo a partire del 14 anni (contro i 16 della versione precedente), facendo sì che al di sotto di tale soglia il consenso al trattamento debba essere dato da entrambi i genitori;

- il codice del processo penale minorile, che prevede il divieto di pubblicazione e divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione del minorenne comunque coinvolto in un procedimento (D.P.R. 488/88, art. 13).

Risulta evidente, in tale contesto, come la pubblicazione di immagini dei minori sia tutt’altro che agevole, come recenti sentenze dei Tribunali hanno confermato.
Con riferimento al post su Facebook di una bambina che partecipava a un defilé di moda, in particolare, ne è stata ritenuta abusiva la pubblicazione in quanto non autorizzata dal padre separato (affidatario in regime condiviso), ma solo dalla madre, pur essendosi esclusa la sussistenza di un danno risarcibile stante la presenza dello stesso padre alla medesima sfilata (Trib. Ravenna, 15.10.2019). Analogamente aveva deciso altra corte nel caso di pubblicazione su Facebook dei figli del proprio compagno avuti da precedente relazione (Trib. Rieti, 7.3.2019).
In altro caso, la pubblicazione on line dell’immagine di una showgirl a spasso per Milano con la propria figlia è stata giudicata abusiva, in quanto, se l’obbligo del consenso poteva ritenersi derogato nei confronti della madre, per via della sua notorietà, non altrettanto poteva dirsi per la figlia, e non ravvisandosi un interesse pubblico alla diffusione del ritratto della minore (Trib. Milano, 23.12.2013).
In altro interessante caso, questa volta in Austria, è stata la figlia a insorgere nei confronti dei genitori che, negli anni, hanno pubblicato centinaia di immagini della stessa in situazioni intime, condividendole con i propri amici.
Viene da chiedersi, in tempi attuali, come farebbe Sally Mann a pubblicare un libro come “Immediate family” …

In conclusione.
In tema di immagini dei minori, l’interesse primario e assoluto è costituito dalla tutela dello sviluppo armonioso e completo della personalità del minore. Al cospetto di tale interesse, tutte le ipotesi derogatorie sull’obbligo del consenso - che in questo caso non può mai essere presunto, come a certe condizioni è ravvisabile nei confronti degli adulti - debbono cedere e/o comunque sono soggette ad essere interpretate restrittivamente da parte del giudice.
Pur non sussistendo un divieto assoluto di pubblicazione, diffusione e circolazione dell’immagine (nel qual caso sarebbe stato agevole sancirlo in termini chiari da parte del legislatore), la cautela è quindi d’obbligo. Si rende pertanto necessaria un’attenta valutazione ed un bilanciamento degli interessi contrapposti: il diritto di critica e cronaca e di libera manifestazione del pensiero (tra cui rientra peraltro anche la pubblicazione di immagini a scopo culturale), da una parte; il diritto del minore alla protezione del proprio sviluppo armonioso in assenza di turbative.
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